Lettera aperta

Lettera aperta per Liliana Segre

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera aperta di una nostra lettrice.

“Finché sarò in salute e sarà necessario, non smetterò di essere una voce contro ogni forma di odio». Ho letto queste parole della Senatrice Liliana Segre e poi, dopo pochi giorni, sono incappata nel post scritto dal capogruppo della Lega a Lissone, Fabio Meroni.

Ogni tanto lo incontro in giro – Lissone è grande ma non troppo – un cenno, un saluto di cortesia perché – anche se non mi piacciono le questioni che porta avanti il suo partito – penso che l’educazione non debba venire mai meno.

Quando ho letto quello che è stato capace di scrivere su Liliana Segre, apostrofarla usando il numero con cui era stata internata da bambina nel campo di Auschwitz-Birkenau (ove furono uccisi milioni di esseri umani), sono annichilita. Chiamarla così corrispondeva alla privazione del nome, ovvero alla negazione della dignità di dirsi “essere umano”: non riesco a pensare al dolore che Liliana possa aver provato, ancora una volta, per mano di Meroni che di certo ha sempre vissuto una vita agiata, comoda, e si trova a gettare veleno su chi ha tanto sofferto, su chi ha vissuto l’Olocausto e la crudeltà nazifascista sulla propria pelle.

Vorrei dire solo due cose semplici a Fabio Meroni, e mi è più facile scriverle : primo, che la Senatrice Segre è il simbolo vivente della Dignità anche di fronte alla malvagità umana, anche oggi che siamo nel 2021 e ciò che diciamo e scriviamo vola veloce in rete. Secondariamente vorrei dire a Meroni che se vuole tornare a scambiare cenni di saluto coi suoi concittadini, dovrebbe chiedere a loro tutti, indistintamente, scusa.

Lissone è salita alla ribalta delle cronache per un fatto disgustoso che non ci meritiamo. E, signor Meroni scuse vere, senza cercare riparo dietro a un “clima d’odio” che, se esiste, è anche a causa di chi non sa portare rispetto. Come ha fatto lei.