Segre - Meroni

Il re è nudo

Fabio Meroni, protagonista della politica lissonese da circa 30 anni, venerdì scorso l’ha combinata davvero grossa: scrivendo su Facebook un post di una sola riga, è riuscito a sbriciolare tutta la sua carriera politica, e non solo.

Da “re” di Lissone, della Provincia di Monza e Brianza e della Lega locale, in poche ore (potenza del web…) è diventato un politico da cui prendere le distanze. Localmente, è stato “scaricato” da tutta la minoranza: Daniele Fossati (Forzi Italia), Ruggero Sala (Fratelli d’Italia), Roberto Perego (Lissone in Movimento), Pier Marco Fossati (5Stelle)ed Elisa Ratti (Gruppo misto) hanno preso le distanze dal suo incredibile post.

Se si dimetterà da tutti i ruoli che ricopre (e a leggere le reazioni sulla stampa è la sola via di uscita che gli resta), solo allora potrà riconoscere sinceramente di aver sbagliato. In ogni modo, il danno di immagine per Lissone resta: tutti ne hanno parlato: Il Corriere, Il Fatto Quotidiano, Il Giorno, La Stampa, Repubblica, Il Giornale di Monza, Il Cittadino ma anche il Tg3, Il Tg2, Mentana, Scanzi…

Noi del Listone abbiamo contestato da sempre il suo modo aggressivo, denigratorio e spregiudicato di fare politica, lo abbiamo provato più volte sulla nostra pelle. E non dimentichiamo certamente che i suoi (ora ex) amici e sostenitori in Consiglio comunale, lo hanno sempre avallato e supportato: il “re Fabio da Lissone” è sempre stato “il capo”, nonché il loro candidato sindaco.

Ricordiamo benissimo le urla, in piedi, contro tutti, le minacce in dialetto, gli insulti ripetuti, gli slogan virulenti diretti ai consiglieri di maggioranza e al sindaco. E coloro che oggi si discostano schifati, ieri ridevano sghignazzando. Oggi Il Re Meroni è nudo e Lissone è ferita anche per colpa loro.

La Lega regionale ha promesso di intervenire; speriamo non finisca tutto con una “nota sul diario” e un giorno di sospensione…

Infine, occorre ribadire che quella di Meroni non è stata una “caduta di stile” – come taluni hanno affermato cercando di minimizzare l’accaduto – ma una offesa vile e inaccettabile perché richiama uno degli aspetti più dolorosi della deportazione, avallando chi non usava nomi e cognomi ma numeri di matricola: cose e non persone. Sì, proprio inaccettabile.