WiFi zone Lissone

La sottile linea rossa

Non è questione – come qualcuno da qualche giorno va dicendo – di “minacce”, “avvertimenti” o “intimidazioni” utilizzando parole che, per la verità, si associano ad un contesto mafioso (da cui sarebbe opportuno prendere le distanze già solo a voce) e non opportune per chiacchierare e discutere civilmente. È invece questione di rispetto, educazione, formazione e valori personali: parole delle quali molti si riempiono la bocca, salvo poi dimenticarsene alla prima occasione “scomoda”.

E non può nemmeno essere – come invece qualcuno ha tentato di spiegare in Consiglio comunale – un esercizio di critica da parte di persone non molto scolarizzate, “sempliciotti” per dirla in parole povere. No, questo non è assolutamente un problema di laurea o di diploma.

Parliamo qui della richiesta di danni che il Sindaco e gli Assessori hanno avanzato a seguito di pesanti insulti ricevuti su un gruppo Facebook del quale fanno parte oltre 2.000 persone, in gran parte lissonesi.

Essere apostrofati come “lerci”, “puzzoni” e via discorrendo, mette a repentaglio l’immagine pubblica di chiunque, non solo di chi è chiamato ad amministrare la città. Di fronte a simili appellativi, riteniamo che la strada giusta sia quella di una richiesta di risarcimento, proprio come hanno fatto il Sindaco e gli Assessori. E siamo sicuri che lo abbiano fatto dopo ampia ed attenta riflessione e dopo la valanga di insulti che spesso li hanno toccati personalmente e nel loro ruolo di amministratori, senza motivazione (ricorderete la “questione neve”, con appellativi tipo “figli della merda”, “vai a fare le marchette” e non andiamo oltre).

Noi del Listone non risparmiamo mai critiche ai nostri avversari politici e a volte sappiamo di avere un contraddittorio forte e aspro: ma sui contenuti, non nei termini. Libertà di critica, di espressione e di opinione sono valori contenuti nella nostra Costituzione e nei quali noi crediamo, ma la Costituzione non contempla certo l’insulto, la denigrazione, le offese personali e le discriminazioni fisiche con cui troppe volte il Sindaco e gli Assessori devono fare i conti, soprattutto con l’avvento dei social.

Dovremmo tutti iniziare a prendere consapevolezza che i social non sono un mondo a parte ove tutto è consentito e lecito: le leggi che si applicano nella vita reale si applicano anche quando si scrive su Facebook, Instagram etc.

Così come non si può insultare, ingiuriare e diffamare le persone per strada, al bar o in ufficio, così non lo si può fare scrivendo sui social, pensando di “essere al sicuro” dietro ad una tastiera.

Se lo si fa – e non parliamo di semplice critica ma di diffamazione – si deve essere consapevoli delle possibili conseguenze previste dal Codice civile e penale. E la legge fissa importi e limiti.

Esiste una sottile linea rossa nella comunicazione (e più in generale nella vita): oltre il limite dell’educazione e della maleducazione, c’è quello dell’ingiuria e dell’insulto.

Da bambini tutto poteva finire con una sgridata, una tirata di orecchie o uno scappellotto; da adulti – come è giusto che sia – ciascuno si deve assumere la responsabilità delle proprie azioni. In questa brutta storia, inutile dirlo, noi stiamo con il Sindaco e la Giunta al completo.

Insulti social, la giunta chiede i danni (Cittadino – 20 ott 2018)